
Quanto la crescita del mercato e dei fatturati, è compatibile con la responsabilità sociale e il rispetto nei confronti dell’ambiente? Questa è senza dubbio una delle grandi domande che deve accompagnare per i prossimi anni il settore dell’outdoor e, ovviamente, non solo quello. Tuttavia, proprio l’outdoor industry rappresenta un mondo peculiare e, per le sue caratteristiche, è più naturalmente (in tutte le sfaccettature del termine) legata a questa tematica rispetto ad altri. Anche per questo, oltre che per la nostra sensibilità che ci ha portato a diventare società Benefit, ad aderire al Global Compact delle Nazioni Unite e a essere certificati B Corp, nei contenuti dei nostri media trovate spesso questo doppio registro interpretativo. Parliamo tanto di business, dati e numeri. Ma con una grande attenzione ai temi ambientali e sociali. Questo mese abbiamo voluto dedicare un intero speciale al tema, in allegato a questo numero di Outdoor Magazine.
In fondo, questi due aspetti sono e saranno sempre più legati indissolubilmente. Si veda, per esempio, il tema del Bilancio di sostenibilità, vale a dire il documento che comunica, con trasparenza e obiettività, gli impegni presi e i risultati ottenuti nell’ambito della Responsabilità d’Impresa. Oggi è obbligatorio solo per gli enti di interesse pubblico (grandi società quotate), ma dal 2024 lo diventerà per tutte le aziende con più di 250 dipendenti, un fatturato superiore ai 50 milioni di euro e un bilancio annuo di almeno 43 milioni. A proposito: siamo lieti di comunicare che il nostro gruppo, pur non essendo obbligato a farlo, ha depositato il suo primo bilancio di sostenibilità, consultabile su tutti i nostri siti.
Nelle pagine seguenti troverete spunti utili, case history, dati e approfondimenti su temi strategici. Tra questi c’è sicuramente quello della supply chain. Anche perché, in media, due terzi dell’impronta ambientale generata da un’azienda derivano dai suoi fornitori. Chi interviene in misura significativa su questo fronte può fare davvero la differenza. C’è da sottolineare, inoltre, come le aziende che mettono in pratica gli obiettivi ESG godano di una crescita più rapida, di una più facile allocazione del credito e di valutazioni più elevate rispetto ai competitor, con un margine compreso tra il 10 e il 20%. Le forti credenziali ESG fanno anche scendere i costi del 5-10%, poiché ci si concentri sull’efficienza operativa e sulla riduzione degli sprechi.
Un tema che non riguarda solo aziende e brand. Ma che può e deve essere conosciuto e approfondito – non solo a parole ma anche con i fatti – anche dai negozianti. Ecco perché è particolarmente significativa l’iniziativa dell’Outdoor Retailer Climate Commitment (ORCC), un network volontario fondato nel settembre 2021 da cinque retailer europei e poi allargatosi a fino a comprendere 10 insegne (tra le quali Sportler è l’unica italiana). Con la convinzione che proprio il settore outdoor dovrebbe guidare l’impegno per la salvaguardia del clima e del pianeta. Con azioni concrete e iniziative pubbliche. Condividendo le conoscenze e le migliori pratiche per accelerare la decarbonizzazione in tutta la comunità dei rivenditori e non solo.
Del resto, come dicevamo, alla crescita deve essere sempre accompagnata una nuova e più diffusa consapevolezza e sensibilità nei confronti delle persone e dell’ambiente. Ecco perché è necessario fare una seria riflessione sui modelli di business che paiono ormai sdoganati e sempre più utilizzati. Ma che forse andrebbero ripensati o quanto meno corretti nelle loro più eclatanti e impattanti distorsioni. Prendiamo gli acquisti online. Negli ultimi anni sono aumentati in modo esponenziale e, con loro, anche il volume dei resi, portando con sé una serie di problematiche “ingombranti” e preoccupanti. In Europa, l’Italia ha un tasso di resi del 16%, comunque più basso per esempio di Francia, Germania e Svizzera, che, rispettivamente, rispediscono al mittente una percentuale di acquisti del 24%, del 44% e del 45%.
Un trend comunque in aumento e nocivo sia per i conti di aziende e retailer (il servizio di reso spesso è gratuito, ma ha ovviamente un costo per chi se ne fa carico) sia per l’ambiente (trasporti extra, nuovi imballaggi, costi e residui di smaltimento). C’è chi studia nuove applicazioni tech, chi mira a sensibilizzare di più i clienti. Anche in questo caso il settore dell’outdoor è chiamato a dare il buon esempio, magari individuando prima di altri soluzioni creative e virtuose. Per vendite e acquisti più consapevoli, senza per questo rinunciare alla crescita, ma impegnandosi per eliminare quella velenosa parentesi dal titolo di questo editoriale.