
Si è svolta nella giornata di ieri, giovedì 27 maggio, il webinar organizzato da Assosport (Associazione Nazionale fra i Produttori di Articoli Sportivi) dal titolo “Activewear: materiali bio, eco, compostabili, riciclati. Facciamo chiarezza”. Rivolto a modellisti, product managers e designers delle aziende di abbigliamento sportivo, l’incontro ha offerto una panoramica dei materiali a disposizione sul mercato e dei trend di sviluppo per prodotti più green.
Il tema della sostenibilità è infatti oggi di cruciale importanza in questo settore, non solo in relazione alla transizione ecologica prevista nel PNRR ma anche alla luce della crescente attenzione del mercato. La domanda di prodotti sostenibili ed eticamente fabbricati da parte dei consumatori sta crescendo negli ultimi anni, soprattutto tra i più giovani.
Moderati da Sara Zanatta di Assosport, sono intervenuti Valeria Adriani, responsabile ricerca e sviluppo di MaTech, Nathalie De Marco, marketing & comunicazione manager textile, filament, yarns presso Aquafil, Andrea Lucchina, sales manager di Borgini Jersey, e Stefania Lapponi, marketing manager di Nipi – Thindown.
Materiali sintetici e naturali
Tra i materiali da riciclo maggiormente presenti sul mercato d’oggi, bisogna innanzitutto fare una macro-divisione tra materiali sintetici e naturali. Dal riciclo dei primi si ottengono tessuti derivanti da pet, nylon e altri rifiuti industriali post-consumo. Dei secondi invece ce ne sono diverse tipologie e tutti i casi si tratta di prodotti già presenti in natura, solitamente di scarto o che possono addirittura creare dei danni, quindi la loro estrazione o raccolta è più che utile per l’ambiente.
- Fibre ecologiche e tecnologie dalla natura (come cotone organico, fibre di ortica, di latte, da alga marina, da soia), che sono molto adatte per il contatto con la pelle grazie alle loro proprietà naturali, benefiche e intrinsecamente antibatteriche;
- pelle vegetale da foglie: esistono dei tnt (tessuti-non-tessuti) ricavati dalle piante dell’ananas (che altrimenti verrebbero bruciati o lasciati sul terreno) utilizzabili nella pelletteria e nell’attrezzatura e addirittura dalle foglie intere, sempre per realizzare pellami (che non vengono venduti a metro ma proprio per numero di foglie);
- tessuti e membrane da fondi di caffè: oggi viene sfruttato per essere inserito in filati (e quindi per ottenere dei tessuti misti) oppure per essere integrato all’interno di membrane;
- inchiostro tessile e materiali espansi (usati per fare imbottiture di zaini per esempio) da alghe;
- fibre 100% in PLA (polimeri bio, derivanti da mais e altre risorse rinnovabili);
- fibre bio-based, cioè parzialmente derivanti da risorse naturali ma comunque con un approccio ecosostenibile molto più importante rispetto alle fibre tradizionali derivanti dal petrolio.
Biopolimeri
Parlando di risorse rinnovabili, spesso il biopolimero crea confusione a causa della sua doppia definizione. Esso è infatti sia un polimero biodegradabile, per cui la biodegradabilità è provata secondo la normativa europea n. 13432 (che è quella di riferimento e sempre riportata sul prodotto), sia un polimero basato su materie prime rinnovabili (quindi bio-based o bio-polimeri). Per questo motivo il biopolimero può essere o un polimero biodegradabile che deriva da risorse rinnovabili e non oppure un polimero derivante da risorse rinnovabili che può essere biodegradabile e non.
Biodegradabilità vs compostabilità
Sempre facendo riferimento alla normativa europea n. 13432, si può capire anche la differenza tra biodegradabilità e compostabilità. Un materiale compostabile deve avere diverse caratteristiche, tra cui rientra la biodegradabilità. Quindi non è corretto affermare che biodegradabile equivale a compostabile, bensì è un suo sottogruppo.
Un materiale, per essere compostabile, deve:
- essere biodegradabile;
- essere disintegrabile;
- avere bassi effetti di metalli presenti;
- avere assenza di effetti negativi sul processo di riciclaggio, ovvero il compost che si ottiene deve avere delle caratteristiche particolari.
Dunque un materiale biodegradabile non è detto che sia anche compostabile, mentre è corretto il contrario.
Come si deve orientare un’azienda?
Per comprendere qual è la miglior soluzione per sé, un’azienda può eseguire l’analisi dell’LCA, uno degli strumenti ufficialmente ritenuti valido anche dalla certificazione UNI EN ISO 14040 (ente normatore).
L’LCA (Life Cycle Assessment, ovvero analisi del ciclo di vita di un prodotto) è infatti molto efficace per aiutare l’azienda ad avere una fotografia del proprio impatto ambientale, attraverso l’analisi di ogni singolo step nella realizzazione di un prodotto, e conoscere in questo modo qual è il passaggio meno virtuoso al suo interno e, di conseguenza, su cosa ha senso concentrare la propria attenzione.
Domande
Qual è un esempio concreto di progettazione circolare nell’abbigliamento?
(De Marco) Napapijri ha lanciato la giacca Skidoo Circular, dove ha sostituito tutti i pezzi che tradizionalmente erano realizzati in materiali diversi, utilizzando il tessuto Econyl dove possibile. Insieme ha creato un progetto che parla direttamente ai propri consumatori, per cui non prima di due anni possono restituire la giacca, in modo da poter essere riciclata a sua volta.
Come giustifica il costo aggiuntivo rispetto alle materie vergini?
(De Marco) Tutti i prodotti riciclati hanno un costo aggiuntivo rispetto ai tradizionali, perché da parte dei filatori c’è un impegno in più sensi (di processi, investimenti e impegno lavorativo). Il punto è che in questo periodo vediamo anche un discorso di mercato delle fibre, che sta decisamente subendo delle grandi modifiche di alternanza di prezzi. E il fatto di pensare in modo diverso al nostro mercato (cioè verso la circolarità) cambierà molto anche i prezzi delle materie prime, dato che possono essere impiegate in prodotti che poi avranno una seconda vita. Sicuramente questo su larga scala avrà impatto.
(Lucchina) Aggiungerei anche che oggi, con una buona strategia di marketing, quel costo aggiuntivo viene totalmente assorbito dato che si tratta di una delle tematiche di vendite più calde al momento e d’interesse del consumatore. Credo che il costo possa essere totalmente ammortizzato.
Come posso verificare la garanzia di sostenibilità per una produzione extra UE?
(Adriani) Bisogna sempre far riferimento alle certificazioni che i produttori devono allegare a quei prodotti. Non ci si può più affidare alla parola, ma deve esserci un ente esterno che certifichi. Ormai ce ne sono in tutto il mondo (europee, africane, asiatiche) e tutti si devono adeguare.
Troverete l’articolo intero sul n. 06 di Outdoor Magazine.
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