In questo articolo si parla di:

Impianti chiusi non significa piste da sci chiuse. Riassunto in poche parole è questo il significato della nota di risposta da parte di Regione Lombardia al quesito urgente posto dal prefetto di Sondrio Salvatore Pasquariello, in merito all’utilizzo delle piste da sci anche con gli impianti chiusi da parte di scialpinisti e ciaspolatori. Nei giorni scorsi, infatti, in alcune località di Valtellina e Valchiavenna si stava registrando un notevole afflusso di appassionati sulle piste, che raggiungevano le cime dei comprensori in taxi o navette e per poi scendere lungo i pendii con gli sci ai piedi. Una pratica che al prefetto sembrava violare il divieto dell’utilizzo degli impianti nei comprensori sciistici voluto dai decreti ministeriali e che lo ha spinto a disporre il divieto.

La risposta dalla Regione è stata data nelle specifico da Simone Rasetti, direttore della funzione specialistica dell’area “Programmazione e relazioni esterne, sport e grandi eventi sportivi”, che ha affermando di non ritenere “fondata l’ipotesi di interpretare in maniera estensiva l’espressione ‘impianti nei comprensori sciistici’, contenuta nel Dpcm, fino a includere anche le piste da sci”.

Nella nota Rasetti pone a confronto il contenuto del Dpcm del 14 gennaio scorso e quello delle linee guida valida dal Cts il 4 febbraio: nel primo caso “la lettera d) stabilisce che è consentito svolgere attività sportiva e attività motoria all’aperto, anche presso aree attrezzate e parchi pubblici, ove accessibili, purché nel rispetto delle distanze di sicurezza”, mentre nel secondo “nessuna misura specifica è riferita alla fruizione delle piste da sci”, ma solo agli “impianti di risalita all’interno delle stazioni, aree e comprensori sciistici della stagione invernale: sciovie (ski-lift), funivie, seggiovie, cabinovie, tapis-roulant e nastri trasportatori per i brevi collegamenti”. Dunque si posso applicare “a tale pratica sportiva le misure di carattere generale di cui alla citata lettera d) dell’art. 1 comma 10 del Dpcm”.

Rasetti ricorda anche che l’attività sportiva è consentita all’aperto senza particolari restrizioni, fatte salve le ovvie misure di distanziamento sociale. L’utilizzo degli impianti di risalita, invece, è soggetto a particolari limitazioni, in quanto in questi casi i rischi di assembramento sono molto più significativi; di qui l’obbligo di adottare apposite linee guida e di conseguire la validazione delle stesse da parte del Cts nazionale”, di cui vi abbiamo già ampiamente parlato. Inoltre Rasetti specifica che la “legge n. 363/2003, all’art. 2, cita esplicitamente e separatamente, nell’ambito della aree sciabili attrezzate, le piste e gli impianti di risalite. Del resto la pratica dello sci non sempre è subordinata alla fruizione degli impianti di risalita, come nel caso dello sci di fondo ma anche dello scialpinismo, praticato tipicamente al di fuori degli impianti e piste attrezzate e mediante l’utilizzo di sci opportuni e ‘pelli di foca’, permettendo di muoversi sia in risalita che in discesa, come attività a sé stante oppure come modalità di avvicinamento invernale a percorsi prettamente alpinisti”.

Ma Rasetti si sofferma anche sul tema della sicurezza, affermando che “in relazione al notevole al notevole afflusso di sciatori sulle piste da sci e con le condizioni attuali del manto nevoso, risulterebbe auspicabile permettere la pratica dello scialpinismo, delle ciaspolate, della discesa con la slitta all’interno delle piste individuate e riconosciute dalle Comunità Montane, ma attualmente non servite da impianti, piuttosto che in aree inevitabilmente molto più pericolose, che potrebbero nascondere insidie o pericoli”.

Dalla prefettura di Sondrio hanno fatto sapere che “l’argomento è oggetto di ulteriori approfondimenti da parte degli organi di governo centrale, anche alla luce delle precisazioni di Regione Lombardia”. La palla passa dunque a Roma per avere una corretta valutazione della situazione con urgenza. Per il momento, comunque, nessun provvedimento è stato emesso rispetto all’utilizzo delle piste da sci, salvo adottare l’orientamento restrittivo circa il loro utilizzo sia per prevenire assembramenti sia a tutela dell’incolumità degli sciatori”.

La paura della prefettura è quella della formazione di assembramenti pericolosi, tra discesisti, ciaspolatori, scialpinisti, bobbisti e conseguenti ridiscese, su spazi non presidiati. Il punto è capire che vi sono significative differenze fra ‘piste da sci’ e ‘aree innevate’, in quanto le prime sono aree in concessione, con neve battuta, gestite da un privato o da una società che ne sono responsabili ai fini della vigilanza e della sicurezza e che sono sottoposte a collaudo prima dell’apertura al pubblico. Ancora, le piste, sono soggette a norme di comportamento e possono essere utilizzate solo se aperte, in quanto si prestano a essere percorse a velocità sostenuta. Le aree innevate sono, invece, frequentate da amatori della montagna obbligati, per legge, a portare al seguito i dispositivi di autosoccorso, quali pala, Arva e sondino”.

La scorsa settimana il prefetto ha anche convocato una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, per prospettate le criticità che potrebbero derivare dall’utilizzo delle piste da sci a impianti chiusi. “Le piste sono equipaggiate con artefatti che, considerato il mancato avvio della stagione, non sono stati definitivamente predisposti e non vengono vigilati, per cui chiunque potrebbe rimuovere, per esempio, una rete di protezione determinando un serio pericolo per gli sciatori. E sebbene l’area sia da considerarsi ancora in concessione, da un lato appare illogico imputare una qualsiasi responsabilità al gestore, dall’altro appare indefinito e giuridicamente non sostenibile attribuire la responsabilità al singolo utente”.

Lasciare la frequentazione delle piste battute all’autogestione dunque non è auspicabile, anche per ulteriori motivi di sicurezza, come la frequentazione indistinta e contestuale di persone da “capacità profondamente diverse” tra loro che potrebbero “determinare situazioni di pericolo”. “D’altro canto se la pista da sci fosse da considerarsi al pari di un’area innevata, allora ogni fruitore sarebbe obbligato a portare al seguito i dispositivi di autosoccorso”. Un pensiero che “già in passato” era stato paventato da “alcuni gestori delle aree sciistiche” “derivante dall’utilizzo indiscriminato delle piste da sci chiuse al pubblico”. Non resta che attendere il responso da parte degli organi di governo.