
Lo scorso 31 dicembre l’osservazione economica del turismo di Isnart-Unioncamere ha pubblicato i risultati della ricerca “La valorizzazione del patrimonio culturale e del turismo – Monitoraggio economico e congiunturale per il turismo”, realizzata con l’intento di ottenere una maggiore comprensione degli effetti del Covid-19 sull’intera filiera turistica. Tra l’altro si tratta dell’unica indagine che inserisce, all’interno del campione intervistato, anche i turisti che alloggiano nelle abitazioni private.
L’anno scorso gli italiani che si sono goduti il meritato riposo con le vacanze estive sono stati poco più di 27 milioni, divisi prevalentemente tra luglio e settembre, oltretutto il periodo in cui le restrizioni governative erano minori e più leggere. Un buon risultato che, tuttavia, ha solo compensato marginalmente la mancanza della maggior parte degli stranieri e che comunque registra un -20% rispetto allo stesso periodo del 2019. Della percentuale che ha viaggiato, la quasi totalità (96%) è rimasta a godere delle bellezze della penisola, il 2,5% ha scelto una meta estera e il restante 2% ha effettuato più di una vacanza, scegliendo destinazioni dentro e fuori i confini nazionali. Entrando nel particolare, inoltre, si scopre che in media un italiano su tre si è mosso all’interno della propria regione di provenienza, un dato che riguarda perlopiù i residenti del meridione.
Già nel periodo del primo lockdown era stata avanzata l’ipotesi che, nel corso del periodo estivo, aree interne e marginali del Paese sarebbero state riscoperte e rivitalizzate dal punto di vista turistico, forti del loro “isolamento e integrità ambientale” che “ne hanno notevolmente rafforzato la capacità di attrazione”. Una tesi confermata da un 15% dei turisti che si è recato in montagna e un 8% in località collinari e rurali. Le aree interne, di conseguenza, sono state l’epicentro del “nuovo” turismo territoriale che si è sviluppato quest’estate. Ma non solo.
La particolare situazione che stiamo (ancora) vivendo ha orientato anche la scelta del tipo di vacanza da effettuare, come dimostra il fatto che il 35% degli intervistati hanno indicato come principale motivazione la possibilità di praticare sport, seguita dal 28,5% che ha optato per un luogo piuttosto che un altro in base alla possibilità di stare a contatto con la natura. Percentuali che si aggirano attorno a quelle attribuite ai moventi storici delle ferie nel Belpaese, ovvero presenza di bellezze naturali e patrimonio culturale, assumendone di fatto la stessa forza motivazionale. Ci si è dunque approcciati a esperienze di vacanze quasi mai esplorate prima – perlomeno dal grande pubblico.
Un esempio per tutti: questa estate l’attività motoria è stata la principale ragione di vacanza. Tra gli sport maggiormente praticati nei nuovi contesti emerge su tutti il trekking col 38%, seguito dalla bicicletta con il 26%, che insieme staccano di diversi punti percentuali le discipline tradizionalmente svolte nelle località di mare. Un dato confermato anche dalla nostra inchiesta “La Carica dei 101” sulle nostre riviste, da cui è emersa prepotentemente una forte crescita di neofiti e praticanti amatoriali di queste discipline. Un trend spinto anche dalle restrizioni alla mobilità e dal parziale stop all’attività fisica all’aria aperta imposto durante la quarantena primaverile.
Trovate l’intero articolo sul n. 01 di Outdoor Magazine.
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