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Un viaggio ai confini del mondo, alla scoperta di quello che viene considerato uno degli ultimi paradisi incontaminati della Terra, l’Antartide.

È questo l’obiettivo del Team Karpos, composto dagli esploratori Gianluca Cavalli, Manrico Dell’Agnola e Marcello Sanguineti, che partendo dalla “Fin del Mundo”, alla punta estrema dell’Argentina, dopo sei giorni di navigazione attraverso lo stretto di Drake, uno dei mari più temuti al mondo, hanno raggiunto il continente antartico.

Alla scoperta di luoghi inesplorati e cime sconosciute, in condizioni climatiche estreme, per comprendere quanto l’uomo abbia contaminato e compromesso questi luoghi, che nell’immaginario collettivo sono inaccessibili e quindi idealmente inviolati e inviolabili. Ghiacci perenni che, nel corso del tempo, sono divenuti i depositari di uno scellerato modo di vivere e senza rispetto alcuno per l’ambiente.

nIl Consiglio Nazionale delle Ricerche diviene il co-protagonista di una collaborazione per scoprire quanto siano preseti le sostanze inquinanti nelle diverse zone toccate dalla spedizione, definite “in modo del tutto fantasioso abbiamo segnato e sognato sulle nostre mappe al caldo delle mura domestiche.

Navigheremo i mari più difficili del mondo, approcceremo pareti mai scalate e, se le condizioni e la fortuna ce lo concederanno, cercheremo di salirle per scoprire qualcosa di più di questi luoghi magici ed anche di noi stessi”.

Il programma

  • 28-29 dicembre: Italia-Buenos Aires-Ushuaia
  • 30 dicembre: imbarco su Ice Bird, lo yacht australe di supporto alla spedizione
  • 31 dicembre-2 gennaio: attraversamento dello Stretto di Drake (800 miglia nautiche)
  • 3-6 gennaio: navigazione di fronte alla Penisola Antartica, per individuare gli obiettivi esplorativo-alpinistici
  • 7-23 gennaio: attività esplorativa e alpinistica
  • 24-27 gennaio: attraversamento dello Stretto di Drake e sbarco a Puerto William (Isola di Navarino). Trasferimento a Ushuaia attraverso il Canale di Beagle
  • 28-30 gennaio: Ushuaia-Buenos Aires-Italia

Il diario di viaggio di Manrico Dell’Agnola.

  • 1 gennaio, ore 13

Lasciamo il porto di Ushuaia, il mare è calmo e un sole caldo ci mette di buon umore. Lentamente e senza storia ci trasciniamo fino a Port Williams, attraverso infinite coste di lenga e tantissimi stormi di uccelli. Al porto una ragazza con un vecchio gommone ci porta a terra. Dovrebbe risolversi tutto in poco tempo, ma i Carabineros cileni ci trattengono ormeggiati al piccolo porto: una grossa perturbazione sta incombendo e varie complicazioni burocratiche, che in Cile scopriamo essere normali, ci impediscono di partire. Ice Bird è il nome del nostro “guscio di noce”, un’imbarcazione a vela di circa 20 m. Il nome si rifà alla piccola barca con la quale David Lewis fece la prima, quasi, circumnavigazione solitaria dell’Antartide. Noi ci siamo dentro in nove: il nostro giovane capitano Oly, il suo aiuto Dave, la guida alpina Phil con i suoi clienti e noi tre, gli unici italiani.

  • 2 gennaio ​

Dopo infinite ore si riparte, il mare è calmo e le luci calde del tramonto mi fanno stare bene. Uno dei nostri compagni di viaggio fa volare il drone sulla barca: da fuori siamo bellissimi, una lunga striscia di luce scintillante ci attraversa. Procede tutto liscio, buttiamo l’ancora vicino all’Isola di Lennox, poco più a ovest di Cabo Hornos, il terrore dei navigatori. Domani non potremo più confidare sulla protezione delle isole, ma dovremo andare allo scoperto attraversando lo stretto di Drake, saremo all’ incontro dei due grandi oceani, il Pacifico e l’Atlantico. I racconti di questa traversata mettono i brividi, ma è meglio non pensarci.

  • 4 gennaio

Oggi è il compleanno di Valentina, mia figlia, ieri da dimenticare, delle enormi onde lunghe ci hanno tormentati e l’andare a vela non aiuta, ho vomitato tutto il giorno e ho dolori ovunque. Sono le 3 di pomeriggio e sto un po’ meglio, ma lo stomaco è rivoltato, fortunatamente siamo quasi a metà stretto, pulizie in barca, poi un po’ a nanna, il sonno è liberatorio.

  • 6 gennaio

Intravediamo fra la nebbia le prime isolette antartiche. Fuori c’è un grado e la costa, ancora lontanissima, pare candida. Tutto, la fuori, pare candido, algido ed immobile. Pensare di piantare la tenda lì mi mette i brividi. Ci siamo messi in un brutto guaio!

       Ore 16

La giornata non finisce mai, abbiamo visto iceberg enormi ed un’infinità di balene. Ora stiamo costeggiando una lunga e vertiginosa costa ghiacciata, ancora lontana. La nebbia dà all’ambiente un’aria surreale, severa ed invivibile. Il mare è calmo e in barca ora si sta bene. Avanziamo lentamente fra questi enormi blocchi di ghiaccio. Sembra di essere sospesi nel nulla, ma sentiamo che la prima meta è raggiunta. Scalare quegli iceberg sarebbe una buona e facile occasione per fare delle belle riprese, ma il nostro capitano ce lo vieta tassativamente. Ci dice che se uno di quei condomini di ghiaccio si dovesse “girare” potremmo essere tutti morti. Non importa, la nostra intenzione è un’altra, noi vogliamo salire pareti rocciose, roccia che però scopriamo essere pessima, macinata dal millenario lavoro dei ghiacciai ed in questo momento resa estremamente pericolosa dal repentino scioglimento.