
Scialpinismo e impianti di risalita, una convivenza possibile? Un argomento già trattato da Lorenzo Delladio, ceo La Sportiva, quando tre anni fa lanciò l’idea di un “parco per l’outdoor” a passo Rolle. la sua proposta era di riportare al naturale un’area tradizionalmente vocata allo sci alpino, attraverso la riqualificazione delle strutture presenti, per soddisfare nuovi appassionati della natura e della vita attiva all’aria aperta. Delladio torna sul tema in un momento in cui la chiusura degli impianti e l’esigenza di distanziarsi porta a un aumento consistente di frequentatori della montagna e di scialpinisti.
“Troviamo un accordo tra scialpinisti e impiantisti per l’utilizzo delle piste, a particolari condizioni, anche per la risalita con le pelli di foca“, questo il suo appello come si legge su l’Adige. “Lo scialpinismo è un fenomeno in crescita, si tratta di una tendenza che va oltre l’emergenza sanitaria attuale e che emerge chiaramente anche dai nostri dati aziendali. C’è una domanda in crescita per questo genere di esperienza e – soprattutto in caso di assenza di neve – non vedo perché non consentire agli scialpinisti di frequentare le piste da sci, naturalmente in sicurezza, negli orari previsti dalle funivie e ovviamente pagando anche un prezzo, perché è giusto garantire una remunerazione per chi pensa all’innevamento“.
La richiesta è ancora più motivata in questo momento in cui con abbondante neve naturale e con i bollettini valanghe che indicano un rischio elevato di distacchi nevosi, bisogna pensare alla sicurezza soprattutto dei neofiti della disciplina che non dovrebbero da subito avventurarsi in luoghi isolati. Una soluzione in grado anche di generare un beneficio a livello turistico che anche le apt potrebbero pubblicizzare.
Delladio lancia un appello anche alla politica: “Penso che siamo di fronte a un fenomeno nuovo, le persone che chiedono questo sono in aumento, servono norme nuove e la politica non può chiamarsi fuori. Agli imprenditori delle funivie (che magari considerano gli scialpinisti solamente una scocciatura) suggerisco invece di vederli come un’opportunità“.
Abbiamo parlato con Lorenzo Delladio per approfondire il suo punto di vista.
Nel numero scorso di Outdoor Magazine abbiamo pubblicato un’inchiesta alle aziende rispetto alla ulteriore potenziale crescita dello scialpinismo dettata dalla chiusura degli impianti ma anche dalla voglia di distanziamento. La Sportiva ci aveva già segnalato un aumento delle vendite. A distanza di un mese come sta progredendo la situazione?
Sta procedendo bene, stiamo registrando un ulteriore incremento delle vendite soprattutto dopo la conferma del ritardo nell’apertura degli impianti e l’incertezza della data esatta (dicono il 7 ma potrebbe essere anche il 15). I nostri negozi monomarca, sono un termometro veloce quotidiano su come procedono le vendite e il responso a fine giornata è sempre positivo. Ovviamente la situazione per i negozianti che dispongono anche dell’attrezzatura da sci alpino è differente, il settore soffre di più. Ma devono sicuramente ammettere che non sono fermi, hanno solo diversificato la vendita. Questa si è spostata su sport “alternativi” o complementari alla discesa che continuano a crescere compensando, in parte, il settore sci alpino. Noi per esempio osserviamo (anche perché riportato dai negozianti) un incremento di scarpe per camminare in montagna, per correre e scarponi per indossare le ciaspole. Un movimento interessante che fa pensare. Quando mi sono reso conto, un paio di mesi fa, del periodo a cui saremmo andati incontro, ho deciso di rischiare aumentando il magazzino producendo più scarponi. Ora servo al meglio il mio mercato soddisfando tutte le richieste. Stiamo inoltre lavorando con il nostro partener Ski Trab a un prodotto specifico per noleggio. Abbiamo deciso di non dare questo servizio nei nostri monomarca ma di fornire il necessario al negoziante/noleggiatore.
Rispetto alla domanda precedente, ci sono differenze tra Italia e altri Paesi?
Procede molto bene in tutti i paesi dell’arco alpino: Italia, Austria e Svizzera. C’è stata invece una contrazione negli ultimi 10 giorni in Germania perché si intravedeva un lockdown che infatti è iniziato due giorni fa che ha portato anche alla chiusura dei negozi.

Lorenzo Delladio e alcuni amici
Ha parlato di “accordo tra scialpinisti e impianti di risalita”. Come lo immaginerebbe nel concreto?
Non è un discorso solo contingente dettato dalla situazione, sono diversi anni che ne parliamo partendo da due osservazioni. La prima è che i dati ufficiali dimostrano che in Trentino, su 10 turisti, solo 5 praticano sci alpino. Questo significa che dobbiamo avere un’alternativa da offrire alle altre cinque, tra queste vi è anche lo scialpinismo, ma non solo. L’altra è legata alla presenza o meno di neve. Se assente, gli scialpinisti non hanno un terreno dove praticare la propria disciplina, ma dovrebbero utilizzare quella artificiale delle piste e senza regolamentazione molti di loro sarebbero “fuorilegge”.
Le proposte sono due. Una è quella di riservare agli scialpinisti una pista illuminata in orari definiti alternando i comprensori di una stessa zona, dopo la chiusura degli impianti. L’altra realizzare un corridoio laterale alle piste da utilizzare tutto il giorno per la risalita con la possibilità di scendere in pista. Il tutto a fronte del pagamento di un ticket che potrebbe comprendere l’innevamento artificiale in caso di assenza, il parcheggio, l’assicurazione e il soccorso. Come una palestra a cielo aperto. Come andiamo in palestra a fare pesi e paghiamo per questo lo stesso faremmo per praticare scialpinismo in pista perché viene offerto un servizio.
Quali sarebbero i benefici per l’impiantista, per il turismo e per lo sportivo?
Se avessimo portato avanti questa proposta già nel 2017 oggi avremmo già un’offerta alternativa, negozianti e albergatori lavorerebbero, non si fermerebbe tutto l’impianto economico della montagna, ma solo una parte quella legata allo sci alpino.
L’impiantista guadagnerebbe un ticket in più per ogni scialpinista e risolverebbe un problema che comunque esiste, quello di chi risale le piste che, secondo la legge italiana, ricade sotto la sua responsabilità a differenza di molti altri paesi dove ognuno risponde per se stesso. Si regolamenterebbe quindi un movimento che crescerà sempre di più. Potrebbe essere un’occasione di reddito anche per i rifugi che credono in questo progetto. Per lo sportivo i benefici principali sono sicuramente legati al poter sciare anche in assenza di neve e maggiore sicurezza per il neofita che avrebbe un terreno sicuro in cui praticare la disciplina senza avventurarsi altrove.
Quali sarebbero i limiti degli impiantisti nell’accettare la proposta?
Hanno sempre vissuto bene di sci e non ne hanno mai sentito l’esigenza, il Covid ha fornito una nuova opportunità che dovrebbero sfruttare. Ma anche con gli impianti aperti sarebbe un guadagno in più per loro. Poi magari ci sono problematiche in più che io non ho calcolato, ma oggi come oggi vedo solo possibilità. Ci vuole buona volontà e non tutti ce l’hanno!
Karen Pozzi