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Si è svolta ieri, da Stoccolma, la diretta streaming di presentazione della collezione autunno/inverno 2021 di Houdini, aperta, per la prima volta in assoluto, anche al pubblico finale. Numerosi i partecipanti da ogni parte d’Europa e del mondo (Francia, Belgio, Germania, Norvegia, Canada, Stati Uniti, Taiwan).

Esplicativo il videomessaggio del nuovo membro del team Niclas Bornling, che ha ben spiegato la missione di Houdini a favore dell’ambiente, che oggi può essere riassunta nel motto “reinvent, reshape, reimagine”.

Il vero ingrediente per fare un cambiamento è l’immaginazione, la capacità di vedere cosa c’è al di là, immaginare qualcosa di diverso. Questo è quello che abbiamo sempre voluto fare a Houdini, fin dalla sua nascita 1993”. L’azienda, infatti, ha sempre cercato di re-immaginare il settore dell’abbigliamento, per farlo diventare un servizio migliore non solo per loro, ma anche per la natura e l’ambiente. Non voleva più togliere alla terra le sue risorse limitate, ma al contrario salvare i materiali dagli inceneritori e reinventarsi le risorse a cui attingere. Si è dunque chiesta: possiamo realizzare dei vestiti, partendo da quelli che per altri sono considerati rifiuti? Convinto di riuscirci, Houdini ha lanciato una sfida a se stesso, che è riuscito a vincere quest’anno, presentando un intero outfit realizzato da poliestere riciclato post-consumo, “che può essere riciclato ancora e ancora, proprio come una bottiglia di plastica”. Esattamente reinvent, reshape, reimagine.

Ma a questo punto l’azienda si è posta un’altra domanda: cosa si può fare quando una giacca è ormai consumata e da buttare? La grande maggioranza dei vestiti non è fatta per durare: si rovinano e vengono rimpiazzati velocemente. Houdini ha voluto dare il suo contributo anche in questo, fare da contrappeso a questa tendenza, realizzando indumenti che perdurano nel tempo. Nonostante la loro presenza sul mercato da ormai 30 anni, difatti, “i nostri clienti usano ancora i vestiti della prima serie. Invece di realizzare abbigliamento che viene facilmente sostituto, noi ne realizziamo di versatili, fatti per durare per sempre”.

Una filosofia che trova ancora più conferma nella giacca realizzata in “marine wood”, che è completamente biodegradabile. Il che significa che, dopo averla “usata per anni per risalire le montagne, potrai compostarne il tessuto e usarlo per far crescere i pomodori”, perché non è importante solo ciò da cui è composto un prodotto, “ma anche cosa ne viene fuori”.
Di nuovo, esattamente come prima, reinvent, reshape, reimagine.

Bornling ha poi fatto un esempio concreto. Nel 2015 Houdini lanciò i pantaloncini moonwalk, molto apprezzati dal pubblico e di grande successo per il brand, che però oggi sono stati tolti dalla collezione perché non riciclabili. Ne sono allora stati realizzati un altro paio, molto simili per nome e colore, ma sostenibili. “Molte persone non conoscono la differenza, quindi alcuni non li considereranno nuovi, ma questo prodotto è cambiato: è completamente re-immaginato.

Pur sapendo di essere di fronte a una strada in salita, Houdini si dichiara totalmente disposto ad abbracciare un’economia di produzione circolare, verso cui sta cercando di vergere nella maniera più completa e veloce, per contribuire in prima persona all’eliminazione degli sprechi. Come dichiarato dal suo nuovo membro: Ora il nostro principale obiettivo è trasformare il brand da lineare a circolare. Un percorso cominciato nel 2003, con il lancio del primo capo riciclato, che all’epoca rappresentava, più che una novità, l’eccezione. Invece, la collezione presentata ieri è realizzata per l’81% con una politica circolare, con l’obiettivo di “raggiungere il 100% in pochi anni da oggi”.